Mondo
Guerre dimenticate: latlante per ricordare
Un conflitto armato su quattro ha tra le proprie cause una contesa per il petrolio.
Sono 18, in questo momento, le aree del mondo in cui sono in corso scontri armati, alcuni attivi da decenni. I continenti più martoriati sono Asia e Africa, ma è quest?ultima che conta il numero più elevato di morti: ben 5 milioni.
Algeria
In Algeria, il governo si scontra dal 1999 contro i fondamentalisti del Gruppo islamico armato (Gia) e del Gruppo salafita per la predicazione e il combattimento (Gspc). A partire dal 2001 nel Paese è esploso un nuovo scontro legato alla ribellione autonomista della minoranza berbera in Cabilia, repressa dal governo e ancora in rivolta nonostante il riconoscimento costituzionale della lingua tamazight. Il conflitto terroristico, costato 150mila morti, continua con azioni dei fondamentalisti contro i civili e scontri tra esercito e gruppi islamici armati. Il governo algerino riceve armi da Stati Uniti, Gran Bretagna, Russia, Ucraina, Bielorussia, Cina, Sudafrica, Repubblica Ceca; i gruppi islamici da Iran e Sudan.
Angola
Nel 2002 un cessate il fuoco ha messo fine agli scontri iniziati nel 1975 tra i guerriglieri dell?Unione per l?indipendenza totale dell?Angola (Unita) e il governo post marxista del Movimento popolare per la liberazione dell?Angola (Mpla). Tuttavia questo non è stato sufficiente per spegnere una seconda linea di conflitto, aperta nel 1984 tra il governo e i separatisti del Flec, il Fronte di liberazione dell?enclave di Cabinda, regione ricca di petrolio. Le stime parlano di 500mila morti dal 1975 ad oggi. Dopo la fine della guerra fredda, l?Unita ha ricevuto armi da Ucraina, Romania, Bulgaria e Albania; il governo da Stati Uniti, Russia, Francia, Brasile, Bielorussia, Cina, Polonia e Sudafrica.
Burundi
Nei dieci anni di questa guerra, la popolazione del Burundi è stata schiacciata nello scontro tra il governo controllato dalla minoranza tutsi e i guerriglieri hutu delle Forze per la difesa della democrazia (Fdd) e del Fronte per la liberazione nazionale (Fnl). Le vittime sono 300mila. Nonostante la firma di un accordo di pace nel 2000 e l?insediamento di un presidente hutu nell?aprile 2003, i combattimenti proseguono in tutto il Paese. Nel novembre scorso il presidente Ndayizeye si è incontrato con alcuni membri dei due gruppi ribelli, raggiungendo un accordo solo con il Fdd. Questi segnali di distensione hanno spinto i governi dei Paesi confinanti a sollecitare il ritorno in patria dei 790mila profughi burundesi.
Congo
Nella Repubblica democratica del Congo è in corso uno scontro definito la ?guerra mondiale africana?, dal momento che questo conflitto, esploso nel 1998, vede contrapporsi le milizie di sei Paesi: Congo, Uganda, Ruanda, Angola, Namibia e Zimbabwe, che si contendono il controllo dei ricchi giacimenti di diamanti, oro, coltan e petrolio. Nel luglio del 99 l?accordo di Lusaka ha avviato un faticoso processo di pace, ma nonostante ciò i combattimenti non sono mai cessati, nemmeno dopo l?arrivo dei caschi blu francesi, giunti nel Paese per far rispettare la tregua. Le vittime dirette della guerra sono 500mila, cui si aggiungono altri tre milioni di morti per le carestie provocate dagli scontri armati.
Ruanda
Dopo il massacro del 90-94 tra i guerriglieri tutsi del Fronte patriottico del Ruanda (Fpr) e il governo della maggioranza hutu, oggi la guerra del Ruanda si è ribaltata: i guerriglieri hutu interahamwe affiancano gli ex soldati del governo hutu contro il nuovo governo della minoranza tutsi. Le vittime della prima fase di questa guerra si aggirano attorno al milione, e dal 94 ad oggi altre 200mila persone hanno perso la vita. Il governo riceve armi da Stati Uniti, Gran Bretagna, Russia, Bielorussia, Israele, Sudafrica, Cina, Romania e Slovacchia; i ribelli hutu da Congo, Zimbabwe e dall?Est europeo. Ultimamente gli scontri tra guerriglia hutu ed esercito si svolgono in Congo. Tra ottobre e novembre si è riaperto il processo contro i responsabili del genocidio del 1994, ex ministri e i media che hanno incitato all?odio etnico contro i tutsi, tra cui la famosa Radio delle mille colline.
Somalia
Dal 1988 in Somalia si vive in una situazione di violenza. La guerra ha generato più di 350mila morti e 450mila profughi interni, un terzo dei quali vive nei campi intorno a Mogadiscio. I civili sono spesso coinvolti negli scontri tra le milizie dei clan rivali che combattono per il controllo del territorio. Nel 2000 si è insediato un governo nazionale di transizione, al quale si contrappone il Consiglio per la riconciliazione e la ricostruzione della Somalia, formato dai gruppi armati che hanno scelto di deporre le armi per allearsi politicamente contro il governo. Nel febbraio 2004, quasi tutte le fazioni hanno siglato una tregua, che per ora regge.
Sudan
La guerra in Sudan inizia nel 1983, e il bilancio di questi due decenni è pari a due milioni di vittime, uccise nello scontro tra i guerriglieri separatisti dell?Esercito popolare di liberazione del Sudan (Spla) e le truppe governative. Nelle regioni settentrionali il governo si scontra anche con diverse milizie irregolari alleate dell?Alleanza democratica nazionale (Nda). L?oggetto della contesa sono i giacimenti petroliferi dove operano compagnie canadesi, malesi, cinesi e indiane. Nell?ottobre scorso, il segretario di Stato Usa, Colin Powell ha incontrato i rappresentanti delle due parti per definire accordi di pace, che teoricamente avrebbero dovuto concludersi nel 2003. Il protrarsi delle trattative ha innescato una emergenza umanitaria nella regione orientale del Darfur, dove migliaia di profughi non hanno accesso a cibo, acqua e a cure mediche.
Colombia
La Colombia è il più acceso focolaio di violenza dell?America Latina, con 120mila morti (dal 1964) nella guerra ?a bassa intensità? tra il governo sostenuto dai paramilitari e le le Forze armate rivoluzionarie colombiane (Farc), appoggiate dall?Esercito di liberazione nazionale (Eln). Le truppe governative sono rifornite di armi dai governi di Usa, Spagna e Germania, mentre l?arsenale dei guerriglieri è alimentato dai proventi del narcotraffico. La popolazione vive una situazione di totale insicurezza, che espone a grossi rischi gli attivisti per i diritti umani, che vengono fatti ?sparire? forzatamente. Nel 2001 più di 300mila persone hanno dovuto abbandonare le loro case a causa della violenza, che a partire dal 2002 è peggiorata a causa della rottura del processo di pace tra governo e Farc.
Perù
In Perù, dal 1980 ad oggi, lo scontro tra i guerriglieri di Sendero luminoso e il governo ha causato dalle 40mila alle 60mila vittime. Anche il Movimento rivoluzionario Tupac Amaru (Mrta) partecipa alla guerriglia antigovernativa. Recentemente il governo peruviano ha creato un ?battaglione antisovversivi? per stanare i combattenti di Sendero luminoso ancora attivi nella selva centrale del Paese.
India
Dagli anni 70 ad oggi, negli Stati nord-orientali dell?India combattono diversi movimenti indipendentisti, che si scontrano contro l?esercito governativo, la polizia e i gruppi paramilitari. Il bilancio è di 11mila morti, e tra i fornitori di armi del governo indiano figura anche l?Italia. Sul versante occidentale il Kashmir è ancora oggetto di contesa tra India e Pakistan, e agli scontri tra l?esercito indiano e quello pakistano sulla linea di confine si aggiunge il ?fronte interno? rappresentato dalle lotte indipendentiste nello Stato indiano nord-occidentale del Jammu-Kashmir, dove i guerriglieri fronteggiano l?esercito governativo e la polizia indiana. Il numero delle vittime nella zona del Kashmir è stimato tra le 40 e le 60mila.
Indonesia
L?Indonesia è impegnata su tre linee di conflitto. Dal 1976, nella provincia islamica di Aceh, all?estremità settentrionale di Sumatra, i guerriglieri separatisti indigeni del Movimento Aceh Libero (Gam) combattono contro l?esercito governativo per il controllo del petrolio. Nel maggio scorso il governo indonesiano ha dichiarato la legge marziale contro i separatisti. La popolazione civile continua a subire dall?esercito esecuzioni sommarie, torture e sparizioni. Il secondo fronte è quello delle Isole Molucche e della provincia di Sulawesi, dove proseguono gli scontri tra maggioranza musulmana e minoranza cristiana, nonostante gli accordi di pace del 2002. Nella Papua occidentale, invece, i guerriglieri separatisti del Movimento Papua libera (Opm) si scontrano dal 1969 contro l?esercito e i gruppi paramilitari. Fonti locali parlano di 800mila persone uccise su una popolazione di 1 milione e mezzo di abitanti.
Myanmar (ex Birmania)
Il Myanmar è il secondo produttore di oppio al mondo dopo l?Afghanistan, con più di 60mila ettari di piantagioni di papavero. Dopo aver conquistato l?indipendenza dalla Gran Bretagna nel 1948, il Paese è guidato da un governo militare repressivo, che si scontra contro vari gruppi armati separatisti, tra cui l?Unione nazionale Karen (Knu), l?Esercito dello Stato di Shan (Ssa) e il Partito progressista nazionale Karenni (Knpp). È difficile stabilire il numero delle vittime, a causa del divieto di accesso nelle zone di conflitto (?black area?). Questi territori comprendono anche il cosiddetto Triangolo d?oro, lo snodo principale del narcotraffico internazionale.
Nepal
In Nepal il governo appoggiato da India e Stati Uniti fronteggia dal 1996 i guerriglieri del Partito Comunista nepalese (Ncp), sostenuto dai guerriglieri maoisti dell?India nord-orientale. Nell?ottobre 2002 il re nepalese Gyanendra ha sospeso le attività di governo e parlamento, intensificando la repressione militare. Nonostante la firma di un cessate il fuoco nel gennaio 2003, gli scontri armati sono ripresi. Attualmente l?Ncp controlla i due terzi del Paese, ma nonostante ciò il governo continua le repressioni, anche grazie agli aiuti ricevuti dopo l?11 settembre 2001 dalla coalizione anglo-americana in nome della guerra al terrorismo.
Filippine
Nonostante gli accordi di pace del 2002, il governo cristiano delle Filippine, sostenuto militarmente da Usa e Gran Bretagna, prosegue gli scontri contro i guerriglieri marxisti del Nuovo esercito popolare, i fondamentalisti islamici del Gruppo Abu Sayyaf e gli indipendentisti del Fronte nazionale di liberazione Moro. Nella zona ci sono state più di 175mila vittime. Inoltre il malcontento nell?esercito ha prodotto due falliti tentativi di golpe, il 27 luglio e il 7 novembre 2003.
Sri Lanka
Dal 1983 in Sri Lanka prosegue lo scontro armato tra il governo, controllato dalla maggioranza cingalese, e i guerriglieri separatisti delle Tigri per la liberazione della Patria Tamil. Nel 2002 ci sono stati negoziati di pace che non hanno però fermato gli scontri. I ribelli continuano a fare uso di bambini soldato. Nel governo la ?linea dura? della presidente Chandrika Kumaratunga, che ha dichiarato lo stato d?emergenza e sospeso le attività parlamentari, si scontra con quella del primo ministro Ranil Wickremesinghe, fautore delle trattative di pace con i Tamil. Il conflitto ha mietuto 60mila vittime.
Turchia
I guerriglieri separatisti curdi del Pkk (Partito dei lavoratori del Kurdistan) proseguono gli scontri iniziati nel 1984 contro il governo della Turchia, appoggiato anche dai guerriglieri curdi filo-turchi, affiliati al Pdk, il Partito democratico del Kurdistan. Allo stato attuale sono più di 40mila le persone che hanno perso la vita a causa del conflitto armato. Negli ultimi anni la tensione è calata grazie alla tregua unilaterale dichiarata dal movimento curdo nell?aprile 2002, anche se i combattimenti non sono cessati. Il Pkk, che ha nel frattempo cambiato nome in Kadek, Congresso per la libertà e la democrazia del Kurdistan, ha comunque annunciato che non scioglierà le sue strutture militari, pur avendo dichiarato di rinunciare al separatismo.
Israele/Palestina
In Medio Oriente prosegue l?azione dei gruppi armati palestinesi laici e islamici contro l?esercito di occupazione israeliano, in uno scontro che coinvolge sia militari che civili. Dall?inizio della seconda intifada nel settembre 2002, le vittime del conflitto sono 3.614, tra cui 2.700 palestinesi e 851 israeliani. Dopo il fallimento della road map, le speranze per una soluzione pacifica al conflitto sono affidate al cosiddetto accordo di Ginevra, ma la costruzione unilaterale del ?muro di protezione? da parte di Israele sta aggiungendo al problema un nodo difficile da sciogliere. La legittimità del muro è oggetto di valutazione da parte della Corte internazionale di giustizia dell?Aja.
Cecenia
Dopo la guerra del 94/96 conclusa con una tregua che concedeva una certa autonomia alla Cecenia, l?esercito della Federazione russa ha ripreso le ostilità nell?inverno del 1999 con un bombardamento durato un intero inverno. A più di quattro anni dalla seconda guerra, le milizie indipendentiste sono arroccate al Sud, e continuano ad attaccare le truppe russe che presidiano il Nord e la capitale Grozny. La risposta dell?esercito russo è una dura repressione armata che colpisce indiscriminatamente anche la popolazione civile. Dal punto di vista politico, il referendum costituzionale del marzo 2003 e l?elezione del presidente Akhmed Kadyrov, vicino a Putin, hanno ripristinato un quadro di legalità nella zona, anche se la legittimità delle due votazioni è stata contestata. Sullo sfondo ci sono gli oleodotti e i gasdotti provenienti dal mar Caspio.
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